Quando una famiglia arriva in studio per richiedere una consulenza di mediazione, la decisione è già stata presa. La coppia intende interrompere la relazione ma senza smettere mai di essere genitori. Prendere in considerazione la coppia di futuri ex coniugi come due entità separate e che mai hanno avuto nulla in comune, sarebbe uno dei più grandi errori che un mediatore possa fare. E' bene però ricordare ad entrambi, che al fine di raggiungere l'obiettivo comune della conciliazione, occorre proprio partire dalle istruzioni iniziali, da ciò che la coppia è stata. Questo può essere un momento abbastanza doloroso per entrambi i coniugi ma è molto importante riuscire ad identificare l'insieme delle aspettative, paure, funzioni che si sono intrecciate in quella coppia, seguendo in questo l'evoluzione che c'è stata dall'innamoramento iniziale alla delusione finale.
L'obiettivo finale rimane sempre trovare un punto di incontro in questa rottura, che diventi la tana calda e rassicurante, il luogo sicuro in cui poter far entrare i figli senza che essi vengano travolti dal marasma di emozioni e cambiamenti che un divorzio comporta.
Una volta identificato il miglior luogo emozionale di comprensione tra la coppia, allora è il momento di interpellare anche i figli.
I bambini di fronte alla separazione hanno paura e si guardano attorno come per comprendere cosa stia accadendo. Quello che vivono è spesso la frattura di un'entità che fino ad allora era apparsa ben solida, unita. Raramente qualcuno di loro riesce a spiegare cosa abbiano vissuto perché difficilmente riescono a parlarne. Riescono, a volte, a rispondere a domande dirette ma quasi mai ad esprimere le proprie emozioni e noi sappiamo quanto invece sia importante riuscire ad esprimere le proprie emozioni, sopratutto in momenti di sofferenza. Uno dei rischi maggiori del divorzio, che si riversa sulla coppia, è il blocco esistenziale dato dallo strappo: tutto si ferma, il futuro sembra impossibile, pieno di grandi nuvole dense e scure che non si riusciranno mai ad oltrepassare. Ci si rifugia così in un presente infinito, con la speranza di un cambiamento ma senza provare emozioni esplicite. Ci si affida a cure terapeutiche confidando nel miracolo che qualcosa si risollevi per rimettere la famiglia nel ciclo vitale che tanto ci manca. In questo momento di blocco i bambini sono quelli che stanno peggio: seppure abbiano maggiori risorse dei genitori, in realtà non hanno uno spazio dove poter esprimere le proprie emozioni.
Quindi è bene che, una volta identificata la situazione, chiariti gli obiettivi della coppia genitoriale, attestata la divisione della coppia relazionale, i figli vengano interpellati. Prendere in considerazione i bambini in questi cambiamenti vuol dire trovare innanzitutto un linguaggio adatto a loro, che però non sminuisca e non ridicolizzi i loro vissuti; d'altra parte, tenerli fuori da tutto questo non farebbe altro che creare una frattura all'interno del gruppo famiglia. L'obiettivo di questo incontro con i figli non sarà, ovviamente, quello di domandare loro perché o spiegazioni in merito all'evento (spiegazioni che spettano esclusivamente alla coppia) ma si cercherà di dare spazio alle loro emozioni. Li dobbiamo far sentire ascoltati. Rassicurarli che in tutto questo cambiamento i loro genitori sono lì per comprendere il loro sentire. I figli sono parte attiva di questo cambiamento: devono partecipare, affrontare, sentire con la coppia. Ma sopratutto devono potersi emozionare nel pieno della loro libertà di bambini.

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